Personalmente e francamente della scissione del Partito Democratico non mi importa nulla tant'è che non li ho votati e non li voterò neanche se mi mettessero un cappio al collo, essendo un pentastellato di sinistra che tiene a cuore i diritti di tutti i lavoratori e quelli sociali.
Che Matteo Renzi arrivasse al punto di sconquassare il proprio partito, lo sapevamo da diverso tempo, persino i muri del Nazareno ne erano a conoscenza. Si poteva di certo ipotizzare che nel clima di tensione, in cui si respirava da mesi all'interno del partito, avrebbe provocato degli strascichi dopo lo schiaffone rimediato il 4 Dicembre, ma mai pensavo che quella discussione in così poco tempo avrebbe condotto ad una svolta sorprendente e decisiva. Stavolta l'ex premier non ha fatto nulla, è rimasto fermo, impalpabile e indifferente ad ascoltare gli altri, ha soltanto accompagnato alla porta senza inviare la lettera di sfratto gli insofferenti alla sua linea, al programma opposto a quello condiviso dagli elettori PD quattro anni fa, alle politiche di destra e montiane e alla visione tramutata in un partito padronale e personalissimo capeggiato da un giovane arrogante, vendicativo e assetato di potere.
Per tali ragioni, gli scissionisti, da Rossi-Speranza senza il terzo tenore Emiliano Zapata Bollente con il fisico di Che Guevara (?) alla vecchia guardia Bersani-D'Alema, hanno preferito cambiare aria nell'intento di costruire un cantiere con una forte identità di sinistra; con il proporzionale li favorirebbe molto e d'altronde, in seguito alla rottura con il PdR (Partito Di Renzi), avrà un corposo numero di deputati e senatori per arginare ogni tentativo di cambiare l'Italicum rivaluto e riscritto dalla Consulta dal punto maggioritario, un sistema elettorale per cui conveniva restare con qualche mugolio nel partito se fosse approvato. Probabilmente a nessun corvo del clan renziano abbia avuto l'idea di riproporre la vocazione maggioritaria, sul quale ne avvantaggia nei collegi, in quanto il loro capo è propenso al proporzionale puro pur di andare alle elezioni il più presto possibile. Ha talmente fretta che farebbe di nuovo il patto con il Diavolo (Silvio Berlusconi) in cambio di un' ipotetica alleanza di governo dato che con quel sistema, nessuno comunque potrebbe raggiungere il famoso 40% per governare.
Con la consapevolezza di vincere le primarie grazie anche l'aiuto della spalla Andrea Orlando per abbattere Emiliano e di riacquisire il comando del quartier generale, l'ex sindaco di Firenze vorrebbe manipolare i freni ai fuoriusciti ritoccando la soglia di sbarramento al 5% e contattare il pastore Giuliano Pisapia per riportare le pecorelle smarrite nel loro habitat.
E infine dare il benservito al burattino Gentiloni con un hashtag #PaoloStaiSereno in tempi rapidi a Giugno oppure a Settembre nel mese in cui abbia il tempo di assorbire dalle nuove sconfitte alle amministrative e ai referendum CGIL.
Un piano perfetto e a tratti diabolico per rientrare in pista contro i ragazzini del Movimento Cinque Stelle, che, nonostante siano politicamente pasticcioni basti pensare alle ultime vicende della Capitale, restano comunque il primo partito nel paese e gli inciampi dell'amministrazione Raggi non sembrano dunque non aver scalfito la credibilità di cui gode perpetuamente i pentastellati, e il centrodestra, alle prese con alleanze e primarie dove Berlusconi da anni ha più volte posto un veto.
@fasulo_antonio
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