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CHI SEMINA VENTO RACCOGLIE TEMPESTA: ECCO I MOTIVI DELL'UMILIANTE DISFATTA DEL PD A ROMA


Chi semina vento raccoglie tempesta. Vale a dire chi fa del male ne subisce le conseguenze che gli si ritorcono contro. A Roma, nelle ultime settimane del turno di ballottaggio, il PD ha condotto una campagna elettorale aggressiva e molto sporca nell'intento di ribaltare il risultato e innanzittutto di arginare la crescita del Movimento Cinque Stelle con Virginia Raggi, che ha preso il 35% nel primo turno nonostante il candidato sindaco Roberto Giachetti aveva dichiarato pubblicamente che non avrebbe mai usato questo tipo di colpi bassi in questa tornata. In realtà, @BoboGiac si è dimostrato una persona falsa e manovrato dall'alto del suo partito in quanto è un fedelissimo di Matteo Renzi.

Per evitare una umiliante disfatta, l'unico modo era quello di tirare fuori un caso, ingigantirlo e in massa attaccare a testa bassa tramite i media, nel tentativo, se non di invertire il risultato; nella prima settimana, con l'aiuto del duo Malagò-Cordero di Montezemolo,  aveva puntato sull'orgoglio nazional-sportivo dell'elettorato romano riguardo la candidatura della città capitolina alle Olimpiadi del 2024 in cui la Raggi ha manifestato la sua controrietà perchè è da criminali ricevendo il sostegno di Francesco Totti ai Giochi Olimpici nella città eterna poi però il capitano giallorosso stesso ha aggiustato il tiro per precisare di non far parte di nessun schieramento politico e porre fine sulle strumentalizzazioni nei suoi confronti e mettendo gli altri temi in secondo e terzo piano; nell'ultima settimana sono passati alla mano pesante principalmente sul finale della campagna elettorale. I dirigenti del PD hanno ripreso l'articolo del giornalista del Fatto Quotidiano, Marco Lillo, relativo al lavoro svolto da Virginia Raggi nel ruolo di consigliere comunale per l’azienda sanitaria a Civitavecchia, e utilizzato per infangare la loro avversaria senza che essa potesse difendersi, visto che intorno alla mezzanotte sarebbe scattato il silenzio elettorale strillando all'ineleggibilità al Campidoglio. Alfonso Sabella, magistrato ed ex assessore alla legalità nella Giunta guidata da Ignazio Marino e possibile assessore in caso di vittoria di Giachetti, intimava la Procura di Roma di inviare alla Raggi un avviso di garanzia come atto voluto e infatti, il giorno successivo, La Repubblica e l'Unità, entrambi house organ di Renzi,  hanno enfatizzato l’esposto fatto alla candidata grillina da un’associazione vicina al PD per quella procura, con la procura che ha dovuto smentire l’apertura di un fascicolo a suo carico.



Due autoreti, due assist per il Movimento Cinque Stelle. Il dogma "Spalare fango addosso alla Raggi", ossia l’aggressività del PD durante la campagna elettorale per la corsa del Campidoglio non ha portato i suoi frutti sperati sia perché non era coerente col candidato sindaco sia perché gli episodi non hanno influito sulla scelta dei cittadini romani, vista già nel primo turno, sapendo, che il centrodestra e il centrosinistra hanno succhiato il latte e spolpato fino all’osso la povera madre adottiva di Romolo e Remo contribuendo allo scoppio di Mafia Capitale e senza dimenticare l’affronto subito all’ignaro ed ingenuo Marino, licenziato con una scusa dal PD, dove egli stesso lo ha fondato inserendo le radici del partito, in combutta con la destra passando dal notaio e non dall’aula consiliare per chiedere democraticamente le sue dimissioni dall’incarico da sindaco.

La vittoria della Raggi era ormai scontata da diverso tempo e a Roma i due partiti di schieramento opposto hanno fatto talmente schifo, che i romani avrebbero votato pure il Gabibbo. Giachetti non ha aspettato lo spoglio delle proiezioni e dal suo discorso per ammettere l'umiliante sconfitta e riconoscere la vittoria della sua avversaria, ha fatto capire che non vedeva l'ora di finire questa tornata elettorale. Prossimamente si toglierà qualche sassolino dalla scarpa per prendere le distanze dal suo gruppo di comunicazione e dai suoi dirigenti PD, che gli consiglivano di imitare l'urlatore Beppe Grillo, non riuscendoci. 

Ma intanto, Renzi, nonostante abbia riconosciuto ai Cinque Stelle il successo "netto ed inevitabile" nella Capitale, a Torino e anche nei 19 comuni, ottenuti vincendo nei confronti del centrosinistra, e sottolineato che quel voto espresso in varie città “non è di protesta, ma di cambiamento", come sempre non prende mai le sue responsabilità e le scarica ai suoi candidati sconfitti da Giachetti ("E' colpa di Marino e Mafia Capitale") a Piero Fassino ("Mica non potevo candidarlo?").

Se il premier non eletto dal popolo e la vecchia-nuova classe dirigente democristiana non tolgono l'arroganza dattorno e smettono a prendere in giro il paese con le sue false promesse, ad Ottobre non andranno lontano.

@fasulo_antonio

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