Andiamo per gradi: boom dei Cinque Stelle con conseguente successo scontato a Roma e sorprendente a Torino battendo i rispettivi candidati del Partito Democratico tre anni fa, Brexit in Gran Bretagna ed elezione di Donald Trump a 45esimo Presidente degli Stati Uniti d'America.
Aspettando fra circa tre settimane l'esito del referendum costituzionale per conoscere se verrà sancito o meno lo sfascio della Costituzione più bella del mondo, espressione di cui Roberto Benigni ne esaltava la propria magnificenza prima di prendere in braccio il suo caro amico Matteo Renzi preferendo appoggiare una riforma pasticciata e scritta a quattro mani da Maria Elena Boschi e Denis Verdini con quest'ultimo che svolgerà il compito anche di salvaguardare i numeri dell'esecutivo al Senato e a sorreggere il governo in ogni volta che si inciampa, che nulla, possiamo accertare che tre indizi fanno una prova. Ossia i giornali dovrebbero rifondare da zero e gli analisti e i sondaggisti farsi il più breve possibile un esame di coscienza e magari cambiare mestiere.
La vittoria del magnate newyorkese ha scoperchiato il pentolone del terrorismo politico e mediatico di una larga parte dell'informazione (non solo americana) che pronosticava e annunciava scenari catastrofici se perderanno quei tromboni per cui loro sostengono. Come in Gran Bretagna che ha portato la nazione ad uscire dall'Unione Europea attraverso il voto ad un'iniziativa popolare, è accaduto anche negli States: vince la scelta opposta a quella sbandierata dai media, sondaggi e commentatori politici, i quali recitavano insistentemente i sermoni della parabola su chi è buono e chi è cattivo e, pur di scongiurare l'Apocalisse con l'arrivo a suon di rutti e peti alla Casa Bianca di Satana con la parrucca color pannocchia e con le idee salviniane bisognava votare Hillary Clinton, la quale non è stata in grado di parlare alla pancia del paese e pertanto non è riuscita a raccogliere i consensi del popolo arrabbiato, della classe media bassa impoverita dalla crisi perché l'ex First Lady si identifica ad una sinistra lontana dalla gente, a braccetto con il potere, sottomessa da Wall Street e dalle banche arricchendosi grazie alla politica e a finanziamenti poco trasparenti e riducendo i diritti dei lavoratori, e guerrafondaia quando lei costrinse Barack Obama a scatenare un bagno di sangue in Libia i cui effetti generarono un mostro a tre teste denominato ISIS.
L'America non è stata in grado di fornire due candidati veritieri e affidabili per l'elettorato americano e alla fine, turandosi il naso, la maggioranza ha scelto il male minore, quello estraneo al sistema economico-finanziario che ha aperto una voragine.
La vittoria a Donald Trump l'ha consegnata il Partito Democratico, che ha preferito puntare alle primarie l'incarnazione dell'establishment, la candidata adatta a battere un plurimiliardario che prima di scendere in campo finanziava i Clinton stessi ma che si è presentato nella figura di un non politico contro la classe dirigente al potere, boicottando la nomination di Bernie Sanders, un candidato populista in grado di parlare ad una larga parte del popolo arrabbiato che a mio parere in un mondo parallelo avrebbe inflitto una sonora sconfitta al tycoon repubblicano, e basando la propria campagna elettorale sulla demonizzazione dell'avversario e sul cambiare verso a destra per cercare di conquistare i consensi dell'ala conservatrice; due aspetti che non hanno portato di certo grossi risultati.
Ciò non vuol dire che sto giustificando Trump, un refrattario nel pagare le tasse, xenofobo e bugiardo che ha cavalcato l'onda del razzismo e del nazionalismo appoggiato dall'estrema destra europea e dalle croci di fuoco del Ku Klux Klan. Insediatosi alla Casa Bianca scopriremo se col Berlusconi d'America avverrà la stessa cosa con Ronald Reagan, giunto alla presidenza con scetticismo di molti e ne uscì ricordato come uno dei presidenti migliori che gli Stati Uniti avessero mai avuto, oppure egli seguirà le proprie intenzioni balzane dette in campagna elettorale, tranne quella di mandare in galera la cornuta di guerra della Clinton e di innalzare il muro al confine tra USA e Messico allo scopo di frenare l'immigrazione clandestina per via del costo complessivamente intorno ai 15 e 25 miliardi di dollari e della contrarietà della maggioranza degli elettori e del partito che lo ha sostenuto e in certi casi preso le distanze sulla moltitudine di frasi shock.
@fasulo_antonio
La vittoria del magnate newyorkese ha scoperchiato il pentolone del terrorismo politico e mediatico di una larga parte dell'informazione (non solo americana) che pronosticava e annunciava scenari catastrofici se perderanno quei tromboni per cui loro sostengono. Come in Gran Bretagna che ha portato la nazione ad uscire dall'Unione Europea attraverso il voto ad un'iniziativa popolare, è accaduto anche negli States: vince la scelta opposta a quella sbandierata dai media, sondaggi e commentatori politici, i quali recitavano insistentemente i sermoni della parabola su chi è buono e chi è cattivo e, pur di scongiurare l'Apocalisse con l'arrivo a suon di rutti e peti alla Casa Bianca di Satana con la parrucca color pannocchia e con le idee salviniane bisognava votare Hillary Clinton, la quale non è stata in grado di parlare alla pancia del paese e pertanto non è riuscita a raccogliere i consensi del popolo arrabbiato, della classe media bassa impoverita dalla crisi perché l'ex First Lady si identifica ad una sinistra lontana dalla gente, a braccetto con il potere, sottomessa da Wall Street e dalle banche arricchendosi grazie alla politica e a finanziamenti poco trasparenti e riducendo i diritti dei lavoratori, e guerrafondaia quando lei costrinse Barack Obama a scatenare un bagno di sangue in Libia i cui effetti generarono un mostro a tre teste denominato ISIS.
L'America non è stata in grado di fornire due candidati veritieri e affidabili per l'elettorato americano e alla fine, turandosi il naso, la maggioranza ha scelto il male minore, quello estraneo al sistema economico-finanziario che ha aperto una voragine.
La vittoria a Donald Trump l'ha consegnata il Partito Democratico, che ha preferito puntare alle primarie l'incarnazione dell'establishment, la candidata adatta a battere un plurimiliardario che prima di scendere in campo finanziava i Clinton stessi ma che si è presentato nella figura di un non politico contro la classe dirigente al potere, boicottando la nomination di Bernie Sanders, un candidato populista in grado di parlare ad una larga parte del popolo arrabbiato che a mio parere in un mondo parallelo avrebbe inflitto una sonora sconfitta al tycoon repubblicano, e basando la propria campagna elettorale sulla demonizzazione dell'avversario e sul cambiare verso a destra per cercare di conquistare i consensi dell'ala conservatrice; due aspetti che non hanno portato di certo grossi risultati.
Ciò non vuol dire che sto giustificando Trump, un refrattario nel pagare le tasse, xenofobo e bugiardo che ha cavalcato l'onda del razzismo e del nazionalismo appoggiato dall'estrema destra europea e dalle croci di fuoco del Ku Klux Klan. Insediatosi alla Casa Bianca scopriremo se col Berlusconi d'America avverrà la stessa cosa con Ronald Reagan, giunto alla presidenza con scetticismo di molti e ne uscì ricordato come uno dei presidenti migliori che gli Stati Uniti avessero mai avuto, oppure egli seguirà le proprie intenzioni balzane dette in campagna elettorale, tranne quella di mandare in galera la cornuta di guerra della Clinton e di innalzare il muro al confine tra USA e Messico allo scopo di frenare l'immigrazione clandestina per via del costo complessivamente intorno ai 15 e 25 miliardi di dollari e della contrarietà della maggioranza degli elettori e del partito che lo ha sostenuto e in certi casi preso le distanze sulla moltitudine di frasi shock.
@fasulo_antonio
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